13 Luglio 2007 – Escursione ad anello tra Schiara e Pelf , dal Rifugio 7° Alpini.
Un’uscita un po’ corposa questa volta.
Ci siamo riservati ben 3 giorni per visitare degnamente Schiara e Pelf, giusto a nord di Belluno.
Si tratta di un classico per i bellunesi, a quanto mi dicono.
Per il primo giorno, l’idea è di salire, con calma, al Rifugio Settimo Alpini sullo Schiara e fermarsi al rifugio per la notte.
La sera del primo giorno servirà anche per decidere il tracciato migliore per il giorno seguente, valutando bene, col consiglio di gestori ed avventori del 7° Alpini, quali ferrate intraprendere.
Il secondo giorno, dopo il risveglio al 7° Alpini, partiremo per il tracciato deciso, diretti alla cima dello Schiara, seguendo una o più ferrate. Faremo poi in modo di portarci verso sera al Bivacco Sandro Bocco al Marmol, dove passeremo la notte.
La terza ed ultima giornata ci vedrà impegnati sulla via ferrata che dal Bivacco Sandro Bocco al Marmol sale alla cima del Monte Pelf. Quest’ultima giornata include anche il lungo percorso di rientro.
Un itinerario abbastanza completo e complesso, che ho deciso di spezzare in tre parti (tre diversi racconti), cosi da poter meglio gestire la quantità di informazioni e soprattutto di foto.
Chi è interessato all’intero percorso potrà facilmente seguire i link che legano i tre racconti.
Chi invece desidera sfruttare solo una parte delle informazioni, potrà concentrarsi più rapidamente sulla sezione che preferisce.
In questa prima parte vi parlerò della salita al Rifugio 7° Alpini, e della permanenza al Settimo Alpini stesso, corredando il tutto con le foto che fanno appunto parte di questa porzione di escursione.
Le altre due parti, con il loro corredo fotografico, le trovate linkate qui sotto, alla fine del racconto.
Si parte quindi, destinazione Rifugio Settimo Alpini sullo Schiara!
Scegliamo di accedere da sud, da Belluno.
Ci portiamo con l’auto a Case Bortot (a quota 700 metri), salendo da Belluno per Vezzano, Bolzano (Bellunese), Conzago ecc..
A Case Bortot un parcheggio abbastanza capiente ci vede preparare grossi zaini in vista della 3 giorni che ci attende.
E’ già pomeriggio, meglio sbrigarci. La salita non dovrebbe essere complessa ma richiede del tempo, il dislivello fino al rifugio Settimo Alpini è di circa 800 metri, che non sono pochi se considerate il peso che abbiamo sulle spalle!
La primissima parte del percorso è su ottima sterrata chiusa al traffico, con dislivelli molto lievi. Comincia quasi come una carrareccia e si stringe poi in seguito, mantenendo comunque un buon fondo compatto (che direi ottimo anche per fare un po di mtb non troppo impegnativa).
Segni evidenti ci ricordano presto che siamo sull’Altavia 1, che nella sua interezza si sviluppa dal Lago di Braies (Val Pusteria) fino a Belluno. Stiamo quindi sulla parte finale.
Il tracciato si snoda inizialmente su un unico fianco della valle dell’Ardo, tenendosi molto in alto rispetto al torrente.
Nonostante la vegetazione, sempre presente e quasi boschiva, per alcuni tratti si ha l’impressione che il sentiero sia decisamente a picco sul torrente Ardo, quasi ci si trovasse su una cengia altissima piazzata sui tre quarti di una parete enorme a picco sul fondovalle.
Certo, il sentiero è largo a sufficienza e la vegetazione crea un senso di sicurezza, ciò nonostante può capitare di sentirsi molto, molto piccoli.
A circa un terzo del percorso passiamo su Ponte Mariano (circa 580 metri di quota), incrociando finalmente il Torrente Ardo. Una striscia di cemento che si presume debba sopportare grosse sollecitazioni in determinate stagioni dell’anno. Ad occhio e croce l’Ardo non dev’essere un compagno sempre così tranquillo!
Una curiosità: un po’ prima di ponte Mariano alcune carte topografiche segnalano un possibile congiungimento con la Variante 5 dell’Altavia 3.
Personalmente non ho notato indicazioni, ho però notato che giusto al di là di Ponte Mariano altre indicazioni segnalavano un sentiero per Casera dei Ronc e Pian de Cajada, che sono appunto due punti di riferimento per la Variante 5 dell’Altavia 3.
Non so se può servirvi, ma in caso di incongruenze su alcune mappe, tenete presente quanto qui riportato.
Pochi minuti dopo l’attraversamento dell’Ardo, su Ponte Mariano, abbiamo la possibilità di scegliere un eventuale variante per Capanna de la Medassa. Ne prendiamo nota, può tornarci utile eventualmente per il ritorno, nel caso in cui volessimo tentare un percorso ad anello.
Il tracciato dopo Ponte Mariano si fa un pochino più sentiero di bosco ed un po meno sterrata. Saliamo con una pendenza un po’ più elevata e soprattutto su una traccia più stretta e dal fondo più vario.
Spesso il sentiero viene rinforzato ed assicurato con opere in cemento, che sebbene rompano un po’ l’armonia, danno in effetti maggiore sicurezza in alcuni punti altrimenti a rischio.
Un po tutto il tracciato, a ben vedere, rivela una certa cura da parte dei responsabili. Molti dei gradini naturali sono rinforzati con pioli metallici che ne evitano lo spostamento o rotolamento. Spesso travi in legno rinforzano il bordo sentiero o creano gradini lungo il tracciato.
Nell’insieme, i piccoli e grandi interventi rivelando una filosofia di gestione che, anche se non condivisa da tutti, perlomeno preserva intatto il tracciato e denota certamente impegno e dedizione.
Proseguiamo ancora in bosco, fino ad incrociare ed attraversare nuovamente l’Ardo. Anche qui, come in precedenza, un ponte in cemento ci porta sull’altra sponda. Da lontano sembra quasi un rametto tra i sassi, tanto sono grandi qui i massi nel letto dell’Ardo.
Il torrente è nuovamente vicino e qui ci fermiamo un attimo ad ammirarlo. Grossi massi creano un flusso d’acqua che passa da piccole cascate a minuscoli specchi d’acqua.
Decidiamo che al ritorno faremo una pausa per goderci l’acqua fresca, per donare un po di refrigerio ai piedi. Per ora tiriamo avanti.
Siamo a quota 1030 circa, ci lasciamo il secondo ponte alle spalle e continuiamo a soffrire per il peso che ci trasciniamo appresso, nello zaino!
La parte seguente del sentiero scorre molto vicina all’Ardo, quasi allo stesso livello.
Alcune opere in cemento tendono un po ad imbruttire il sentiero, ma il contesto risolleva immediatamente il morale.
E’ un mix di giochi d’acqua: una cascata ampia piove dalla parete sinistra, creando la possibilità di fare una doccia molto soft.
Poco oltre, si riattraversa l’Ardo (quota 1150) proprio mentre esce da una piccola gola dove presenta un corollario di cascate, catini (detti bojoli) e scivoli d’acqua.
Si sale ancora, la pendenza cresce, lo zaino pesa al punto che lo tengo sollevato dalle spalle incrociando le mani dietro la schiena o infilandole sotto alle due spalliere.
I giochi d’acqua dell’Ardo mi danno un po di sollievo ma inizio a percepire la stanchezza ed il dolore.
Ultimo attraversamento dell’Ardo. Un piccolo cartello annuncia candidamente che qui inizia “il Calvario”!!!
Dalla mappa topografica risulta chiaro che stiamo abbandonando il tracciato del Torrente Ardo, stiamo quindi abbandonando il fondovalle. Ci sarà da salire, ed il nome “Calvario” non promette niente di buono!
Un minimo di pausa, ci prepariamo psicologicamente all’ultima salita, probabilmente la più dura, il Rifugio Settimo alpini ci attende alla fine di questo ultimo sforzo.
Se dosiamo le forze e teniamo un ritmo adeguato, non sarà difficile.
Come non detto. Troppo slancio. Mi trovo presto ad ansimare.
Nemmeno l’erba falciata di fresco, a lato del sentiero, e l’idea che qualcuno possa venire fin qui con un decespugliatore a preparare il percorso ai visitatori, nemmeno questo mi aiuta. Sto per cedere.
Il mio amico sale più regolare, senza soste, senza troppa fretta. Io oramai arranco, vado avanti, nemmeno più per inerzia, ma per pura volontà di sopravvivenza.
In realtà il Calvario non è così bastardo come si tende ad immaginarlo, ma non va sottovalutato, specie se si sale da Case Bortot con un mini-appartamento sulle spalle.
Immaginavo una salita a forte pendenza e non vedendola mi sono lasciato andare. Ed è così che mi sono messo in trappola da solo. Ho prosciugato le ultime energie tenendo un ritmo troppo elevato.
Comunque alla fine arrivo in vista del Rifugio Settimo Alpini. Mi fermo a distanza per prendere qualche foto e soprattutto per riprendere fiato. Siamo a quota 1500 circa. La lingua quasi tocca terra, le tempie scoppiano e la schiena è oramai spezzata!
E’ quasi l’ora di cena. Abbiamo impiegato poco più di 3 ore per arrivare a destinazione, pause incluse.
Aspettando la meritata sbobba, prendiamo una birra e seduti all’aperto scambiamo 4 chiacchiere con alcune ragazze di Riva del Garda. Pare saranno anche loro in ferrata il giorno seguente, assieme ad una quindicina di giovani amici.
Complimenti! Io sono qui a crucciarmi se potrò o meno affrontare lo Schiara e loro sembrano non pensarci granché… L’incoscienza dettata dalla loro giovane età? Mah… Non so, certo che un po’ mi mette a disagio.
La birretta finisce ed è ora di guadagnare la tavola all’interno.
Ceniamo in compagnia di un camminatore di Udine.
Ci spiega il giro che intende fare, calcoliamo anche quando partiranno i ragazzi, uniamo il tutto ad alcuni suggerimenti forniti dai gestori del Rifugio.
Ne esce una decisione condivisa: domani sveglia alle 8.00! Si fa colazione con calma, lasciando il tempo al gruppo dei giovani di prendere la loro strada, al nostro commensale di partire per la sua avventura in solitaria ed ai vari altri camminatori di sparpagliarsi sulle varie vie ferrate e sentieri.
Poi partiremo anche noi, saggiando la prima parte della ferrata Marmol, in comune con la ferrata Zacchi, fino a raggiungere il bivio Zacchi-Marmol. Qui decideremo cosa fare.
Bene. Per oggi è fatta. Si va a letto!
Domani è un altro gran bel giorno!
Le giornate successive: